Matteotti Medley: La Recensione

A Cura Di Debora Conti:

Martedì 9 aprile l’attore bergamasco Maurizio Donadoni ha portato sul palco del Teatro Nuovo di Treviglio il suo documentario teatrale “Matteotti Medley”.

A cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, avvenuta nel giugno 1924 per mano di un manipolo di uomini della polizia segreta di Mussolini, Donadoni fa rivivere agli spettatori gli ultimi momenti di vita dell’uomo che ha osato sfidare il Duce.

Donadoni entra in scena direttamente dalla platea e va ad occupare il palco realizzato dai ragazzi del biennio di scenografia dell’Accademia di Brera: una pedana circolare con pacchi di libri e giornali dell’epoca e la riproduzione del busto futurista del Duce realizzato da Renato Bertelli.

Il racconto di una delle vicende più tragiche della storia italiana si mescola a canzonette e musiche dell’epoca fascista, talvolta canticchiate da Donadoni con aria scanzonata, che portano lo spettatore nell’atmosfera dei ruggenti anni Venti.

Donadoni inizia ricordando che Matteotti, insieme a Garibaldi e Mazzini, è il personaggio storico al quale sono state dedicate il maggior numero di vie e piazze in Italia. Ma possiamo dire di conoscere davvero la sua storia? Partendo dall’ultima notte della sua vita, Donadoni ci racconta chi fu davvero Matteotti, quale fu il suo rapporto con il Duce e con quale coraggio visse la sua esperienza di uomo e di politico.

Gli spettatori vengono trascinati dal racconto di Donadoni, che ricorda come Mussolini ascoltasse sempre con attenzione gli interventi di Matteotti alla Camera dei Deputati, forse intuendo la pericolosità del carisma e dell’abilità oratoria di questo giovane deputato.

Saranno proprio i suoi interventi contro le illegalità di cui si stava macchiando il nascente regime fascista a spingere la polizia di Mussolini ad organizzarne il rapimento, avvenuto il 10 giugno 1924 a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, a pochi passi dalla casa dove aveva appena salutato la moglie Velia e i loro bambini.

Alternando il racconto alle musiche dell’epoca (marcette squadriste, musiche da ballo e canzoni d’amore diffuse dalle radio Balilla), Donadoni fa scoprire agli spettatori l’uomo Matteotti, il suo amore per la famiglia, la dedizione al lavoro, la fede incrollabile negli ideali per i quali darà la sua stessa vita.

Donadoni è un grande studioso della vicenda umana e politica di Matteotti e lo spettacolo si basa su un’analisi precisa e molto ben documentata, ma ciò che ne esce non è lo sterile resoconto di una vicenda storica, bensì un grande atto d’amore nei confronti di un uomo che ha difeso le sue idee fino alle estreme conseguenze.

Poco più che ventenne, Matteotti aveva detto che “ogni epoca ha avuto i suoi martiri, le sue vittime, gli inutili eroi che con il loro sacrificio hanno aperto gli occhi e la strada agli altri”. Lui stesso divenne uno di questi “inutili eroi”, grazie ai quali possiamo oggi vivere in un paese democratico.

E al termine della sua fatica teatrale, Donadoni ci lascia proprio con questa domanda, oggi più che mai attuale e necessaria: che valore ha per noi la democrazia?

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Marco

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