Grande Torino: 75 Anni Fa La Tragedia Di Superga

Non tutti conoscono la storia del Conte Rosso E DEI RAGAZZI CHE SOSTITUIRONO I GIOCATORI DEL GRANDE TORINO

Oggi a Superga, avverrà la commemorazione della tragedia di Superga. L’aereo che trasportava la più grande squadra d’Italia, si scontrò contro la Basilica di Superga il 4 Maggio del 1949.

Sicuramente la storia la conoscete già, ma forse non tutti sanno cos’era il Conte Rosso e come sia collegato agli invincibili del Grande Torino.

Immagine de Web

Più che un pullman era un torpedone ed era ovviamente rosso. Ebbene, il Conte Rosso era il mezzo di trasporto del Grande Torino. Fu Carlin, il grande giornalista di “Tuttosport”, a battezzarlo così e da quel momento non fu più soltanto un mezzo di trasporto, ma divenne una specie di essere vivente.

A dire il vero il colore rosso, non derivava dagli storici colori granata della squadra di Torino, ma da una legge che stabiliva che tutti i pullman che percorrevano lunghe tratte dovessero essere appunto rossi.

E fu proprio lui, il Conte Rosso ad aprire lo straziante corteo funebre dei giocatori granata.

Dietro quella triste storia che tutti conosciamo e che ancora oggi ricordiamo ogni anno con grande affetto, c’è però anche la storia di alcuni giocatori che forse nessuno ricorda.

Sto parlando di Franco Audisio, Guido Vandone, Umberto Motto, Antonio Giammarino e Lando Macchi. Quando l’aereo si schiantò, mancavano ancora quattro giornate alla fine del campionato, un campionato che il Torino stava vincendo. Ebbene questi allora diciottenni, vennero schierati in campo per permettere al Torino di chiudere il campionato: ebbero il triste compito di sostituirli.

In un intervista rilasciata al Corriere della sera ecco come hanno ricordato quei momenti:

Motto: «Tutti, tutti, erano morti tutti. Non soltanto i giocatori, ma anche i dirigenti, anche il nostro allenatore, Leslie Lievesley e noi entrammo in campo come degli orfani, lasciati soli di fronte alla vita che avevamo appena cominciato».

Vandone: «Il destino ci ha costretti a vestire le maglie di questi che erano anche i nostri idoli, con cui ci eravamo allenati fino a qualche giorno prima; ci ha costretto a prendere il loro posto e a giocare le ultime quattro partite del Campionato».

Macchi: «Io sarei dovuto partire con loro, come riserva, ma non mi timbrarono in tempo il passaporto». E non riesce a trattenere le lacrime.

Giammarinaro: «Grandi come loro non fummo mai, il pubblico lo capì: ma quelle quattro partite le vincemmo tutte».

Franco, Guido, Umberto, Antonio e Lando non ebbero fortuna come calciatori, bruciati forse da un peso che nessuno sarebbe mai stato in grado di sostenere. Ma per quattro settimane sono stati il Grande Torino.

Indro Montanelli dopo la sciagura scrisse una frase stupenda che voglo ricordare:

“I ragazzi non sono morti, sono andati in trasferta”

Marco

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